numero 8 - Dicembre 2004

Edito a cura dell'Istituto di Cultura Timavese, con il contributo del Circolo Culturale "G. Unfer" di Timau - Tischlbong e della Regione Friuli Venezia Giulia (L.R. 4/99)


Sommario:
• Timau: grotte, carsismo e  miniere
• Dar grias bidar is gabeisn
• La prima tesi di laurea su Timau - Tischlbong
• Da Mutargotis  van cklopf
• I Quaderni didattici di CarniaMusei
• Isole di cultura - Saggi sulle minoranze storiche
   germaniche in Italia
• Guida ai campi di battaglia della Carnia (1919)
• Pinocchio
• Parare hospitium - Le locande, gli osti e il
   commercio del vino nel territorio di Paluzza
• Agroalimentare e artigianato veicolo per il turismo 
• Scavi presso Mauthen nella valle superiore della
   Gail in Carinzia (1886)
• Pal Grande terra di pace e di guerra 
• Geamar pan haai... 
• Il Tempio Ossario di Timau
• Tishlbongarisch. Homar auf unsara schprooch

L’ottavo Quaderno di Cultura Timavese si apre con un interessante articolo di Gianni Benedetti, Cristian Busolini, Gian Domenico Cella e Antonino Torre dal titolo Timau: grotte, carsismo e miniere. Scopo di questo lavoro è, innanzitutto, far conoscere ai timavesi cosa cela il sottosuolo di casa e di fare il punto sulle conoscenze finora acquisite sull’argomento, ora frammentate in una ventina di pubblicazioni specialistiche. Le informazioni e i dati presentati sono aggiornati al settembre 2004. La speleologia, scrivono gli autori nell’introduzione, è una scienza (e uno sport…) in cui le scoperte si susseguono incessantemente, per cui potrebbe capitare che tra pochi anni questo elaborato sia già del tutto superato e magari grazie alle segnalazioni dei lettori.
La zona presa in esame nell’articolo è quella immediatamente alle spalle di Timau. Comprende le vette Pal Piccolo, Pal Grande, Pizzo Timau, Cima Avostanis e più a sud la Creta di Timau con il Ganzschpiz. L’articolo inizia con un accenno alla storia delle esplorazioni speleologiche nell’area di Timau, che ha richiamato l’attenzione di studiosi e naturalisti fin dal lontano passato, sia per l’interesse economico legato alle mineralizzazioni cupro-argentifere, oggetto di coltivazione fin dal XV secolo, sia per l’imponente sorgente del Fontanon. Vengono quindi censite e descritte, anche con piantine, disegni e fotografie, le cavità naturali, le antiche miniere e le sorgenti del territorio.
Beppino Matiz van Messio con Dar grias bidar is gabeisn ripercorre cinquant’anni di ricordi legati al torrente Bût e al suo greto dal ponte di Cleulis fino alla forcella Plumbs da dove nasce. Ricordi felici legati al divertimento con l’acqua e ricordi tristi legati alle alluvioni causate dal torrente. L’autore esprime anche la speranza di un definitivo riassetto dell’asse fluviale e del greto del torrente per un tranquillo vivere della popolazione ed un recupero a fini agricoli e di divertimento dei terreni recuperati all’acqua.
Il quaderno continua con La prima tesi di laurea su Timau - Tischlbong di Caterina Bellati, Francesca Cattarin e Laura Plozner. Alla fine degli anni’40 Caterina Bellati redasse la prima tesi di laurea su Timau. Assieme a Magri con una tesi su Sauris e a Bruniera per Sappada, scelse, in tempi in cui ancora non si parlava di tutela e salvaguardia delle isole linguistiche di lingua tedesca, di affrontare un’indagine lessicografica della lingua timavese. In questo quaderno rivisitiamo, dopo quasi sessant’anni, il suo lavoro che si compone di due volumi. Nel primo, l’autrice accenna alla storia ed al contesto socioeconomico del tempo, tratta e approfondisce la situazione economica di Timau alla fine degli anni ’40. Il secondo volume contiene il lessico reperito dall’autrice che spazia in tutti i settori della vita quotidiana della popolazione. Seguono un elenco dei nomi propri di persona, probabilmente come venivano utilizzati al tempo a Timau, e un indice etimologico in cui i vocaboli vengono elencati in ordine alfabetico e in base alla matrice tedesca o neolatina.
L’attualità dei pensieri esposti nell’articolo non lascia indifferente nessuno studente o studioso che si sia cimentato con tematiche di una certa rilevanza e l’abbia compiuto con convinzione, credendo di aver raggiunto risultati innovativi in un determinato campo. E questo è o dovrebbe essere forse lo scopo di una tesi di laurea in qualsiasi campo di ricerca la si voglia elaborare.
Segue il secondo articolo in timavese di Laura Plozner van Ganz. Da Mutargotis van cklopf racconta dei rosari che venivano recitati, con la presenza di molti fedeli, l’ultimo giorno di maggio nell’Oubarlont. Don Ceccato, parroco di Timau dal ’57 al ’66, iniziò questa pratica religiosa durante la quale i bambini, che avevano fatto la Prima Comunione, dopo il Santo Rosario pronunciavano i loro “pensierini” alla Vergine Maria. Il momento di preghiera si concludeva con dei canti alla Madonna.
Nelle pagine successive Sonia Mazzolini presenta i Quaderni didattici di CarniaMusei studiati per una comprensione approfondita dei percorsi espositivi dei musei – siano essi etnografici, scientifici, storico-artistici oppure archeologici. Tra essi di notevole importanza per la nostra comunità quello dal titolo “Conoscere il Timavese-Chenan da tischlbongara schproch” che nasce con l’intento di abituare a guardare ed interpretare il territorio come fonte di sapere, nella consapevolezza che la tutela comincia con la sua conoscenza. I contenuti trattati, le riflessioni riportate, l’uso della lingua sono un simbolo della volontà di sfidare il tempo, offrendo indizi per la ricostruzione del passato e mantenendo viva la propria cultura come la propria lingua.
Il quaderno continua con Isole di Cultura di Christian Prezzi che presenta il libro da lui curato: una raccolta di saggi sulle minoranze storiche germaniche in Italia. Per la prima volta si è voluto creare un lavoro che presentasse in modo complessivo la realtà delle colonie germaniche in Italia, in cui a parlare fossero i rappresentati delle comunità stesse, coloro che più di chiunque altro sono in grado di descrivere il panorama culturale nel quale sono inseriti, presentando i propri progetti, le proprie ambizioni e la loro realtà di operatori culturali. Accanto alle presentazioni generali sulla storia, la lingua e i costumi di questi popoli, si trovano anche pagine dove è possibile leggere dei successi e dei fallimenti delle tante iniziative concrete messe in atto nella scuola, nella pubblica amministrazione ed in altri ambiti della vita associativa.
La rivista prosegue con la ristampa anastatica dell’XI itinerario della Guida ai campi di battaglia (fronte italiana) edita nel 1919, segnalato da Fabrizio Englaro appassionato e competente collezionista di libri e stampe antichi. Queste pagine illustrano i paesi nell’immediato dopoguerra e ne tratteggiano per ognuno di essi una parte storica, una descrittiva ed una militare. L’XI itinerario, di 102,6 km inizia da Tolmezzo e tocca Cedarchis, Salino, Paularo, Ligosullo, Treppo Carnico, Paluzza, Timau, Passo di Monte Croce Carnico, Cercivento, Ravascletto, Comeglians ritornando infine al capoluogo carnico. La guida completa è composta da quattro libri. Volume primo: Introduzione storico-geografica, prefazione, cenni storici, descrizione del terreno, indice alfabetico delle località, Corpi d’Armata, Divisioni, Brigate, Reggimenti, Reparti e Compagnie citati nei quattro volumi. Volume secondo: Isonzo, con dieci itinerari (I – X). Volume terzo: Piave, Cadore, Carnia, con undici itinerari (XI – XXI). Volume quarto: Trentino, con otto itinerari (XXII – XXIX). Completano l’opera trentaquattro cartine, diagrammi, profili a colori e, fuori testo, tre grandi carte raggruppamento itinerari al 25.000. L’Agenzia italiana pneumatici Michelin ideò e preparò l’opera ed assunse a suo carico tutte le spese per la realizzazione e stampa. Il lavoro completo, composto da quattro volumi, venne stampato in cinquemila esemplari e posto in vendita a £. 50 la copia. Il ricavato della vendita venne devoluto in beneficenza per la fondazione di borse di studio a favore degli orfani di guerra. I libri vennero stampati nel 1919 da Bertieri e Vanzetti a Milano.
Continuano poi i capitoli delle avventure di Pinocchio tradotti in timavese da Peppino Matiz van Messio che propone il “suo” Pinocchio ai bambini ed adulti di Timau, al fine di essere utilizzato per avvicinarsi ancora all’antica parlata tedesca del luogo. La prima puntata della storia di Collodi uscì nel 1881 sul numero iniziale del “Giornale per i bambini” con il titolo Storia di un burattino. In questo quaderno presentiamo la seconda parte della versione in timavese illustrata anche questa volta con simpatici disegni di Lisa Mentil. Le puntate successive verranno proposte nei prossimi quaderni ed infine la storia del “nostro” Pinocchio verrà pubblicata in un libro per ragazzi piacevolmente illustrato.
Giulio Del Bon e Mauro Unfer presentano in questo numero Parare Hospitium – Le locande, gli osti e il commercio del vino nel territorio di Paluzza. Il lavoro presenta i dati raccolti, nel corso di molti anni di ricerche dagli autori e loro collaboratori, riguardanti argomenti attinenti il vino ed il suo commercio principalmente nell’alta valle del Bût ma anche nella vicina Carinzia. L’articolo inizia con alcune notizie riguardanti Antonio fu Meynardo da Paluzza, l’oste di più antica memoria citato in un atto notarile già nel 1342, e continua raccontando di osti e locande presenti nella zona. Un’attenzione particolare viene dedicata a Timau e le sue locande sia per la posizione ai piedi del passo di Monte Croce e perciò luogo di transito per il commercio, sia per la presenza in loco di minatori impiegati nelle numerose miniere della zona. Viene segnalato anche il primo oste di Timau donna Censor vedova di Cristoforo. Dopo aver rammentato gli osti di Plöcken e le osterie del ‘700 l’articolo continua con le notizie riguardanti il commercio del vino, i dazi imposti per il suo smercio e i prezzi al quale veniva venduto all’ingrosso ed al minuto. Da segnalare che nel corso delle ricerche intraprese nei vari archivi, per la stesura di quest’articolo sono stati rinvenuti atti notarili che documentano le più antiche attestazione dei toponimi degli abitati di Timau, Cleulis, Rivo, Paluzza e Mauthen. Un contratto datato 18 gennaio 1326 rappresenta la prima attestazione ufficiale del toponimo Tamau, dove sono citati due dei suoi primitivi abitanti. L’atto ricorda l’acquisto di vino fatto da Nicolò fu Meynardo da Paluzza e fra i testimoni compare il nome di “Nicolao filio Petri de Tamau. Il documento più antico è del 1276 e ricorda Muta (Mauthen). Pochi anni più tardi, nel 1299, Enrico fu Enrico da Paluzza acquistò vino a Gemona come, nel 1335, anche Guargendo fu Pietro di Cleulis.
Massimo Mentil con il suo articolo Agroalimentare e Artigianato veicolo per il turismo introduce un nuovo modo di interpretare il ruolo dei prodotti tipici inseriti nelle realtà culturali e linguistiche tipiche della nostra zona. Viene sottolineata l’importanza di tradizioni, usi e costumi, lingua e cultura in un contesto territoriale dove la presenza turistica assume una funzione di crescente rilevanza nello sviluppo economico attraverso l’attivazione di diverse attività economiche come agriturismo, ricezione alberghiera, strutture di produzione e commercializzazione di prodotti agroalimentari ed artigianali, agenzie per la fornitura di servizi collegabili al turismo.
Il quaderno prosegue con un articolo del 1886 di F. C. Keller pubblicato su Pagine Friulane nel 1893 ed intitolato Scavi presso Mauthen. L’autore illustra le ricerche e gli scavi effettuati nelle vicinanze della chiesetta di Maria Schnee poco sopra Mauthen e del ritrovamento di un castelliere romano probabilmente eretto nella zona per proteggere la strada che passava lì vicino. Avanza inoltre l’ipotesi che i resti di antiche muraglie possano rappresentare degli indizi ricollegabili alla stazione romana di Loncium.
Nel 1988 dopo la convenzione tra i Comuni di Paluzza e Codroipo, il C.A.I. di Codroipo ebbe in gestione la casera di Pal Grande di Sopra e provvide alla ristrutturazione dei fatiscenti manufatti, rendendoli fruibili agli amanti delle nostre montagne. Bruno Miculan, valente socio del C.A.I. e grande appassionato della storia delle nostre montagne, si entusiasmò a tal punto che intraprese una certosina ricerca negli Archivi della Regione. Nel suo articolo, Pal Grande terra di pace e di guerra, dopo una relazione sui lavori di ristrutturazione della casera, vengono presentati alcuni tra i documenti più interessanti venuti alla luce al fine di poter tracciare la storia di questa montagna. Prima di arrivare ai nostri tempi il monte Pal Grande ha visto, nel corso dei secoli, numerosi passaggi di proprietà e avvenimenti di notevole rilevanza per la zona di Timau e dei paesi circostanti; dallo sfruttamento dei boschi, dei pascoli e delle miniere, ai tristi giorni della Grande Guerra. Il risultato delle ricerche di Bruno Miculan verrà presto pubblicato in un libro.
I nostri antenati da boschi, campi e prati traevano i prodotti fondamentali per la propria sopravvivenza e quella dei loro animali. Dai boschi ricavavano il legname per riscaldarsi in inverno e per costruire case, stalle roste; nei campi coltivavano cereali e ortaggi per il proprio sostentamento e dai prati il fieno per alimentare il bestiame. L’argomento della fienagione viene trattato in Geamar pan haai…da Alda, Rita e Laura van Ganz, e prende in esame i vari lavori eseguiti, nei prati di fondovalle e di alta montagna, dalla primavera alla fine dell’estate. Si descrive come viene eseguita la preventiva pulizia dei prati, come vengono effettuati i vari tagli del fieno, l’essiccazione dello stesso sul terreno e sugli hivlara, la raccolta ed il trasporto negli stavoli. Un capitolo è stato dedicato al faticoso lavoro che veniva eseguito in alta montagna quando anche la Ganzbisa, Tisadoor e Pront venivano costantemente falciati. Di notevole interesse anche la parte finale dell’articolo che elenca gli attrezzi e le parti che li compongono, che venivano utilizzati per la fienagione ed il trasporto del fieno; vengono descritti, tra gli altri, la falce, cote e porta cote, hivlara, tonglzoi, rastrello e cjarosghula. Il lavoro rappresenta un documento importante per le future generazioni in quanto descrive in modo esaustivo tutta la fase della fienagione riproponendo parole e modi di dire che ormai pochi sono in grado di usare nell’adeguato contesto e molti ne ignorano il giusto significato. Aspettiamo pertanto con impazienza e curiosità il prossimo Quaderno che tratterà la vita quotidiana dei timavesi e dei loro animali nelle stalle.
Il Tempio Ossario di Timau è l’ultimo articolo di questo Quaderno. Il lavoro è nato con lo scopo di contribuire alla divulgazione della storia centenaria del sacro edificio, di come esso si sia trasformato negli anni, di quanto abbia contato e ancora conti nel cuore di tanti fedeli, del perché abbia intrecciato le sue vicende con quelle di tanta altra gente di Timau e dintorni, fino a diventare l’ultima dimora di tantissimi soldati morti nel corso della Grande Guerra. Gli autori, Rocco Tedino e Mauro Unfer, hanno cercato di fornire il rendiconto più esaustivo possibile delle notizie utili a chiunque abbia voglia e pazienza di scoprire qualcosa di più sul Sacrario. Alla realizzazione di questo intento ha concorso la consultazione del prezioso materiale messo a disposizione da Laura Plozner, Peppino Matiz, Stefano Mentil e Sandro Matiz. Per il prossimo anno, a firma degli stessi autori, è prevista la stampa di un libro che approfondirà gli argomenti trattati nell’articolo ed avrà come appendice una corposa ed interessante sezione “documenti” e l’elenco dei Caduti inumati nel Tempio Ossario.
Il quaderno nr. 8 si chiude con l’elenco degli articoli pubblicati nei precedenti numeri dei Quaderni di Cultura Timavese – Tischlbongara Piachlan dal 1997 ad oggi.


Mauro Unfer, dicembre 2004

 
 
 
 
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