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TIMAU. Pronto il quinto Quaderno di Cultura
Timavese
(Mauro Unfer)
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Larticolo
di Roberto Frisano, Sopravvivenze di una melodia popolare, apre il quinto
quaderno di cultura timavese. Questo contributo sullo studio della musica
di tradizione orale a Timau prende spunto da alcune testimonianze raccolte
in passato per un confronto con quanto si è conservato nella memoria
musicale di oggi. In conclusione, visto che la pratica del canto tradizionale
ha perso buona parte della sua funzione e del suo significato, lautore
suggerisce di riproporre le melodie popolari timavesi in versione corale
magari con una semplice armonizzazione spontanea. Sarebbe un modo per
far ritrovare ai timavesi una parte della loro identità.
Il quaderno continua con il contributo della dr.ssa Inge Geyer La lingua
timavese: un idioma tedesco. Pur avendo un carattere scientifico, il lavoro
risulta di facile lettura grazie ad unimpostazione che tende alla
concisione e allessenzialità. La studiosa, che ormai da molti
anni si occupa della lingua timavese, ne ricostruisce lorigine evidenziando
non solo le affinità con le altre parlate sud-bavaresi, alle quali
appartiene il timavese, ma anche gli aspetti più peculiari che
sono il risultato di unevoluzione linguistica autonoma. Come scrive
lautrice, questa "indipendenza linguistica" diventa segno
tangibile della vitalità di una lingua che ha sempre fatto da tramite
tra il mondo di lingua tedesca ed il contesto neolatino.
Nelle pagine successive troviamo larticolo di Mauro Unfer Griasmar
in Oltn Goot - Avòditi al Crist di Tamau in cui, attraverso aneddoti
e le testimonianze di Ex Voto dei pellegrini, lautore parla della
devozione dei fedeli della Carnia e della Carinzia al Santuario del Santissimo
Crocifisso di Timau.
In un interessante saggio in timavese Laura van Ganz illustra il lungo
periodo da Carnevale a Pasqua. Van Oschn toog af dOastarn descrive,
infatti, lo scorrere della vita in paese in un momento così importante
nella vita religiosa della comunità, così come era vissuto
in passato dai nostri anziani.
Il quaderno poi propone la seconda parte dello studio della dr.ssa Francesca
Cattarin sulla scuola a Timau. Timau e la sua scuola: dal 1877 al 1921
raccoglie curiose informazioni sulla vita scolastica del paese, grazie
al ritrovamento di registri e relazioni dellepoca. Viene data particolare
attenzione al problema del "dialetto tedesco" che gli insegnanti
italofoni o friulanofoni dovevano affrontare assieme agli alunni ed alle
alunne di Timau. Lautrice ha inoltre dedicato un capitolo alla olta
schual in cui si illustrano le diverse fasi che hanno portato alla progettazione
della scuola, e le polemiche che precedettero la sua definitiva edificazione.
Con larticolo Appunti sui beni collettivi della Carnia don Floriano
Pellegrini, partendo dal ritrovamento a Belluno di dieci fascicoletti
riguardanti la Valle del Bût e risalenti alla fine del 1700, vuole
evidenziare come le "Comugne" della Carnia possano trovare oggi
un riconoscimento ed una rinnovata vitalità per ridefinire i rapporti
con il territorio e riscoprire i fermenti migliori della civiltà
antica.
In sinem crucem nemici nostri liberanus domine è il titolo dellarticolo
in timavese di Laura Plozner van Ganz. Lautrice conduce il lettore
nel misterioso mondo delle streghe riportando testimonianze, dirette o
tramandate da generazioni, su inquietanti fatti accaduti in paese quando
ancora superstizione e religione convivevano ed erano gli unici strumenti,
attraverso i quali la popolazione cercava di spiegare il soprannaturale
e di liberarsi dagli heksaraian (sortilegi, malefici).
La dr.ssa Sonia Mazzolini con Oggetti di cultura materiale illustra la
collezione di oggetti di cultura silvo - pastorale del Museo "La
Zona Carnia durante la Prima Guerra" di Timau. Il valore di questi
beni antropologici risiede soprattutto nella loro capacità di evocare
immagini e suggestioni di un mondo rurale ormai scomparso le cui tracce
si possono ancora ritrovare nella fisicità dellambiente montano.
La schedatura dei 190 oggetti è stata elaborata sul modello di
quella prevista per la FKO che riguarda i beni demo-antropologici, con
numero dinventario delloggetto, nome in italiano e timavese,
il luogo fisico dovè conservato nella sala del Museo di Timau,
leventuale donatore, le dimensioni in lunghezza, larghezza e altezza,
i materiali delloggetto, una succinta descrizione e la foto del
manufatto.
Trentanni fa Paolo Bizzarro ripercorse liti-nerario che nel
1950 il migliore alpinista carinziano della sua generazione, Toni Egger,
assieme a Heini Heinricher, seguì per giungere in vetta alla Cjanevate.
Paolo Bizzaro con Il pozzo e il pendolo racconta lavventura di unascensione
lunga e difficile fatta con lamico Sergio De Infanti sulla parete
nord di quella montagna che si può rias-sumere in quattro parole:
diffi-coltà estreme, roccia friabile.
La rivista continua con larticolo di Giorgio Blarsasin sull"Anno
internazionale della Montagna". Un an pes montagnis dal mont mette
in evidenza che anche per il Friuli, dove la montagna rappresenta il 42,6
% del territorio, il 2002 diventa unoccasione per rivedere i modelli
di sviluppo, le forme di organizzazione dellautogoverno ed i sistemi
di valorizzazione e protezione dellambiente. Lautore, in collaborazione
con il mensile in lingua friulana "la Patrie dal Friûl",
propone la prima traduzione della "Convenzion des Alps", documento
di diritto pubblico internazionale per la tutela e lo sviluppo sostenibile
delle Alpi.
Nel contributo Ipotesi sulletimologia dei toponimi Plöckenpass
e Tischelwang il viennese Helmuth Schwap elabora nuove tesi sulletimologia
dei due toponimi. Il lavoro del dottor Schwap è stato preceduto
dal saggio di uno dei più noti linguisti, Eberhard Kranzmayer,
pubblicato nel 1963 con il titolo "Der alte Gott von Tischelwang
am Plöckenpaß". Partendo dalle tesi di Kranzmayer, ma
con lausilio di nuovi documenti e la rilettura ed interpretazione
di toponimi simili presenti in varie località di lingua tedesca,
lautore riesamina il significato di Tischelwang e di Plöckenpass
sulla base degli eventi storici, che hanno interessato Timau alla fine
del XIII secolo e grazie ai nuovi strumenti messi a disposizione dalla
linguistica e dalla dialettologia.
Nel 1823 si verificò la più terribile catastrofe nella storia
di Kötschach, paese situato nella Valle del Gail in Carinzia. In
Kötschach: linondazione del 1823 Christian Lederer racconta
lalluvione che nellottobre di quellanno modificò
radicalmente laspetto del paese. La narrazione è resa ancora
più interessante dagli estratti della Klosterchronik e dalla testimonianza
di Johann Messner in cui si descrivono nel dettaglio gli avvenimenti di
quelle giornate.
Il quinto numero dei Tischlbongara Piachlan si chiude con un interessante
contributo di Giulio Del Bon dal titolo Paluzza: la questione delle origini.
Lautore, che da molti anni raccoglie in vari archivi documenti riguardanti
lalta valle del Bût, propone ai lettori alcune riflessioni
sulla toponomastica della nostra zona analizzando anche linfluenza
della toponomastica sui cognomi della valle. Il lavoro prosegue con lanalisi
del nome Paluzza e con lindividuazione del nucleo originario del
paese.
www.taicinvriaul.org
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