E’ l’alcol la piaga spargi - sangue sulle strade dell’Alto Friuli
(Oscar Puntel)

Un problema che non interessa solo chi è dipendente da questa sostanza, ma anche tutti quei giovani che non aspettano che il sabato sera per dare avvio al rito della sbronza. Quella che, tra malattie e problemi sociali, in Italia causa, ogni anno, circa 30.000 morti, 25 milioni di giornate lavorative perse, il 5% delle pensioni di invalidità, il 30% dei ricoveri in medicina. Mai sbronza si è rilevata così cara.
Non si può ignorare la non esistenza del fenomeno, anche in Carnia, dove si sta affermando come stile di vita, costante e drammaticamente in crescita. C’è poco da essere orgogliosi. In Italia, ogni anno muoiono circa 3500 persone per incidenti stradali provocati dall’alcol. Molti anche gli incidenti sul lavoro e i crimini commessi. Un bollettino di guerra, se si pensa che ancora poco si fa per la prevenzione e che soprattutto in Alto Friuli le strutture che si occupano di questi casi scarseggiano, anzi non esistono. Un problema non nuovo agli operatori, ma certo da tenere sottocontrollo, e possibilmente da risolvere.
Un caso difficile, quello dell’alcol diffuso fra i giovani, che richiama tutte le entità che lavorano sul territorio, parrocchia inclusa. Mons. Angelo Zanello, parroco di Tolmezzo, ricorda che in tutto l’alto Friuli non esiste un reparto di Alcologia, Tolmezzo e Gemona sono dotate solo del Servizio per la Tossicodipendenze: "Chi ha incidenti comunque legati all’ingestione eccessiva di queste sostanze non ha sul territorio carnico un supporto in termini di struttura ospedaliera". E’ questo un monito che richiama il senso di corresponsabilità di tutti, specialmente degli enti che possono fare qualcosa. Chi esce dall’ospedale spesso non trova una struttura che gli fornisca un aiuto medico e socio assistenziale insieme, e ricade nelle sbronze del sabato sera. Anche gli incidenti sul lavoro dovuti all’alcol sono spesso lo specchio di una società che pensa troppo spesso ai suoi interessi, senza occuparsi delle difficoltà dell’altro. "Molti incidenti sul lavoro potrebbero essere evitati se, per esempio, i sindacati controllassero lo stato fisico e psicologico dell’ambiente di lavoro e proponessero dei percorsi di aiuto, di accompagnamento e sostegno nei confronti dei lavoratori più stressati e a rischio, invece di parlare solo di diritti dei lavoratori. Queste condizioni spianano la strada all’alcolismo" racconta mons. Zanello.
A margine dell’apertura del nuovo reparto di Area di emergenza del Presidio ospedaliero di Tolmezzo, avvenuta lo scorso 22 dicembre, il primario, Francesco Moscariello ammette che la difficoltà è anche di tipo medico legale: "Molti pazienti giungono al reparto in stato alterato, ma la legislazione non ci permette di fare un analisi del sangue per sapere se il soggetto ha ingerito eccessivo alcol, se non abbiamo il consenso del paziente. Spesso i casi sono conclamati ed evidenti, spesso non lo sono. Ed è per questo che le statistiche sono confuse". In area di Emergenza vengono accolti anche soggetti da intossicazione acuta da alcol, che poi sono tenuti in osservazione, e pazienti, per lo più anziani con scompensi cronici e acuti sempre causati dall’alcol, che passano per l’AdE, per poi essere trasferiti nei reparti di medicina. Statistica poco chiara, intervento tempestivo che sfuma.
Quantificare è difficile. Flavio Schiava, dell’Asl "Alto Friuli", parla di un dato obsoleto e sottostimato: nel quinquennio 1991 – 1996, la percentuale dei incidenti stradali alcol – relati è del 2,5%, ma esso rappresenta solo il 10 % della realtà. La sottostima infatti oscilla fra l’80 e il 90%. Dati dunque non veritieri, che sono solo la punta di un iceberg. "In realtà - spiega Schiva – stiamo lavorando per avere cifre più aggiornate, ciò sarà possibile grazie all’osservatorio che stiamo predisponendo per affrontare il problema". I dati saranno bassi finché non si porrà mano alla legislazione in atto. Le rilevazioni che le forze dell’ordine compiono sono troppo poche.
Accanto al problema alcol, c’è l’altra faccia della medaglia, la prevenzione. Viene fatta oppure no? Certo che si fa prevenzione, ma forse non è ancora sufficientemente mirata. "Il primo tipo di azione è introdotto a scuola guida, anche con la formazione degli insegnanti, invitando alla riflessione sul mettersi al volante sotto effetto alcool e droga. Un altro intervento "riabilitativo" viene individuato su coloro cui è stato ritirato il documento di guida, per stato di ebbrezza. Per essi si propone un corso – verifica prima di riprendere in mano patente e chiavi della macchina" illustra il direttore sanitario Beppino Colle. Gli interventi a livello di istituzioni educative e di mass media sono ancora casi isolati. Mancano percorsi per la promozione di una cultura del "bere sicuro" e anche di repressione nei luoghi a rischio, cioè controlli a tappeto da parte delle forze dell’ordine. Non azioni sporadiche ma sistematiche, che scoraggino a mettersi al volante se in stato di ebbrezza. "E’ un grosso problema quello degli incidenti automobilistici alcol - collegati" commenta Schiava. "Ma potrà essere arginato solo se ci sarà un’azione multipla e martellante fra tutti coloro che possono intervenire per fare qualcosa: dai media alle scuole, dai medici alle forze dell’ordine. Dovrà essere un’azione specifica e integrata, che coinvolga anche i minorenni".

www.lavitacattolica.it


< Torna alla pagina di gennaio