Ieri altri due incendi in Carnia. Spento il fuoco sul monte Da Uda a Zuglio
(Gino Grillo)

In due settimane 42 focolai in Alto Friuli

La protezione civile regionale aveva messo sul chi va là i suoi volontari e i cittadini per il pericolo di incendi, che non tanto inspiegabilmente, aumentano di numero durante i sabati e le domeniche. Non solo perchè l'attività umana è maggiore nei giorni di non lavoro nei prati e nei boschi regionali, ma perchè si pensa anche a delle azioni dolose di qualche persona che si diverte ad appiccare fuochi nei boschi.
Nel breve volgere di quest'anno, dal primo gennaio, gli interventi per incendi boschivi registrati dalla protezione civile di Palmanova ammontano già a 42 casi, di cui una quindicina registrati domenica 13 gennaio. Ieri i due incendi che più hanno impegnato i vari volontari e gli uomini della forestale sono stati quello sul Carso triestino, a San Lorenzo a Pese nel comune di San Dorligo della Valle. L'incendio, che ha interessato la classica macchia di vegetazione carsica, è stato avvistato dai vigili del fuoco verso le 14,17 ed è stato spento in serata dai volontari e dalla forestale di Trieste e di Villa Opicina. Più esteso quello in Carnia, sul monte Da Uda, sopra l'abitato di Zuglio. Il fuoco ardeva già da domenica, a quota 1700. La poca neve a nord aveva di fatto limitato un perimetro dell'incendio, ma la difficoltà ad operare in una zona impervia, ha costretto gli uomini della forestale di Tolmezzo, che con il maresciallo De Crignis coordinava le operazioni, la stessa forestale e i volontari di Tolmezzo e di Zuglio a combattere le fiamme sino alle 18 di ieri, quando l'incendio veniva dichiarato spento. Rimaneva da vigilare la zona per evitare che i focolai, nascosti nelle ceppaie seminterrate, potessero ridare vigore alle fiamme. L'estinzione di questo incendio che ha interessato oltre 3 ettari di bosco a pino mugo e ad abete rosso, è stata resa possibile dall'intervento di un elicottero convenzionato con la protezione civile.
Le basse temperature registrate in quota, si operava a meno 10 gradi centigradi, mettevano però in difficoltà le benne che dovevano bombardare dal cielo l'incendio. Dopo pochi rifornimenti infatti la benna si gelava e occoreva recarsi a Tolmezzo, presso l'Heliaes per sghiacciare la benna con delle fiamme. Il freddo aveva indotto infatti, per accelerare il processo di approvigionamento dell'acqua dalle vasche sul fondovalle, ad utilizzare una benna con uno scheletro di ferro rigido, che riusciva a spaccare il ghiaccio che si formava sui pozzi fra un rifornimento e l'altro. Un espediete, questo, seppure con l'inconveniente di dover far sostare il mezzo aereo per riscaldare la benna, ritenuto più vantaggioso e meno pericoloso che il dover riaprire il foro nel ghiaccio delle vasche di captazione a colpi di mazza portati dagli stessi volontari, e poter quindi utilizzare la benna non rigida.


www.messaggeroveneto.it


< Torna alla pagina di gennaio