numero 7 - Dicembre 2003

Edito a cura dell'Istituto di Cultura Timavese, con il contributo del Circolo Culturale "G. Unfer" di Timau - Tischlbong e della Regione Friuli Venezia Giulia (L.R. 4/99)


Sommario:
• Come è nato il dizionario timavese
• Memar oarm iis, ismar oarm…
• Economia e sviluppo del territorio
• Timau/Tischlbong in età medioevale
• La Diocesi di Zuglio. Una legittima aspirazione della
   Montagna friulana, un fulgido passato che permea
   il presente
• Gli antichi opifici ad energia idraulica nelle valli
   dell’Alto Bût e Pontaiba
• Le minoranze linguistiche del Friuli Venezia Giulia
   e la legislazione vigente
• Il sistema bibliotecario e documentario della Carnia
• Oldarlaiana heksaraian
• I sentieri della memoria dal Passo di Monte Croce
   Carnico a malga Promosio lungo il “fronte del
   primo conflitto mondiale”
• Il Santuario di Maria Schnee a Mauthen
• Oldarhaillin unt oarman sealn too
• Aghe: ben comun di dute l’umanitât
• Pinocchio
• I debiti e i peccati. Estate 1608: i cramari
   dell’Alto But

Il settimo Quaderno di Cultura Timavese si apre con l’articolo di Inge Geyer che illustra il lavoro svolto per la realizzazione del dizionario timavese. L’articolo ricorda le prime visite dell’allora studentessa Schönhuber a Timau nel 1972 e ripercorre le fasi ed i momenti che hanno portato alle prime trascrizioni in timavese, alla catalogazione dei lemmi, alla raccolta ed informatizzazione dei dati linguistici che hanno reso possibile la realizzazione del vocabolario. La pubblicazione di un dizionario rappresenta un momento importante nella vita di una comunità come quella timavese. Da un lato permette infatti di definire la grafia standard, dall’altro di raccogliere un patrimonio lessicale che altrimenti rischierebbe di scomparire o di ridursi a pochi vocaboli. Lo spessore del volume testimonia l’impegno profuso dalla dott.ssa Inge Geyer, che ha potuto contare sulla collaborazione della dott.ssa Anna Gasser nella raccolta dei 7408 lemmi contenuti nel dizionario. Il lavoro è stato ideato e realizzato con l’aiuto del Circolo Culturale “G. Unfer” e della comunità timavese e dedicato ai suoi abitanti perché possano trovare in esso uno strumento di consultazione e di arricchimento. Si tratta di un lavoro che si prefigge di snellire e semplificare la consultazione, senza però sminuire il valore scientifico di uno studio lessicografico. Di ogni lemma, infatti, si forniscono la trascrizione nell’Alfabeto Fonetico Internazionale, l’etimologia ed il suo uso nelle espressioni idiomatiche. Ma l’organizzazione del vocabolario ne permette l’utilizzo anche a chi non conosce il timavese, grazie all’inserimento di due registri, uno dall’italiano al timavese, l’altro dal tedesco al timavese.
Il quaderno continua con Memar oarm iis, ismar oarm… una farsa teatrale proposta in timavese da Peppino Matiz e rappresentata più volte sul palcoscenico della Casa della Gioventù di Timau agli inizi degli anni Ottanta nell’ambito delle iniziative organizzate dal Circolo Culturale “G. Unfer” e volte a riaffermare l’uso dell’antica parlata timavese. La pièce, nata da una barzelletta, si sviluppa attorno alla morte di un anziano che non aveva parenti: gli amici vogliono infatti organizzargli un funerale grandioso, che deve essere ricordato da tutti, ma i loro piani subiranno un brusco cambiamento.
Massimo Mentil illustra poi le tematiche legate all’economia ed allo sviluppo del territorio montano, simbolo del presidio per la tutela dell’ambiente e del clima visto, tra l’altro, come giacimento antropologico e culturale da tutelare e proteggere, tipicità agro-alimentare e modello produttivo sostenibile, risorsa idrica e fonte della qualità della vita. L’articolo illustra come nuove imprese e microimprese possono nascere e prosperare da un utilizzo intelligente e sano del patrimonio naturale e paesaggistico delle montagne, avvalendosi del turismo culturale ed enogastronomico, o di quello legato al benessere ed alla cura della persona. In questo contesto diventa fondamentale, dice Mentil nell’articolo Economia e sviluppo del territorio, un percorso di conoscenza peculiare del settore, soprattutto in una fase di sviluppo, che, come primo passo, prevede il rafforzamento dell’identità locale, quindi la valorizzazione del proprio patrimonio culturale, per giungere all’organizzazione sul territorio di attività culturali e produttive specifiche.
Segue la traduzione in italiano di Francesca Cattarin dell’articolo di Helmuth Schwap, già pubblicato in tedesco nel Quaderno n. 6. Il contributo, dal titolo Timau/Tischlbong in età Medioevale, è stato arricchito con illustrazioni e numerose note esplicative. Il brano cerca di descrivere la storia di Timau e dei suoi abitanti nel Medioevo. Sono stati quindi esaminati i fattori che hanno influito sugli avvenimenti dai tempi antichi fino alla fine del Medioevo in campo politico, sociale ed economico. In un’epoca molto ricca di eventi si è quindi formato il quadro di un paese, la cui storia è influenzata dalla sua vicinanza alla strada per il Passo di Monte Croce che, trovandosi in posizione strategica, è diventato il punto di incontro tra popolazioni, culture e lingue diverse. Ha quindi assunto una funzione di collegamento piuttosto che di divisione.
Alfio Englaro propone alcune interessanti riflessioni sulla Diocesi di Zuglio e, dopo una breve sintesi storica, espone le motivazioni che hanno spinto nel 2000 a consegnare all’Arcivescovo Battisti e al Vescovo titolare di Zuglio Zenari una breve relazione dal titolo ”Una legittima aspirazione della Montagna Friulana: la Diocesi di Zuglio - un fulgido passato che permea il presente”. La proposta di ripristinare la Diocesi di Zuglio è stata fatta da alcuni laici che amano profondamente la Carnia e senza alcun imprimatur clericale, spiega Englaro. La storia assegna a Julium Carnicum-Zuglio un posto di assoluto rilievo nelle vicende ecclesiastiche delle origini del Cristianesimo. Sussiste infatti una molteplicità di motivazioni (contingenti e storiche) a sostegno della istituzione di una Diocesi della Montagna con cattedrale S. Pietro di Zuglio. Occorre, quindi, che coloro i quali hanno a cuore la dimensione pastorale e la storia, dìano subito dei segnali positivi in tal senso. Nelle conclusioni viene evidenziato l’augurio che le riflessioni proposte aprano un serio e utile dibattito e che la Chiesa preceda lo Stato Italiano nel riconoscimento ufficiale di questa Terra, elevandola a Diocesi.
Con Gli antichi opifici ad energia idraulica nelle Valli dell’Alto Bût e Pontaiba Giulio Del Bon espone uno studio che tratta dell’energia idraulica, forza, che faceva funzionare mulini, segherie, botteghe di fabbro ferraio e mole per la lavorazione dei tessuti. L’autore presenta un saggio frutto di un lavoro certosino di ricercatore, risultato di molti anni di documentazione e prende in esame un periodo storico molto ampio che parte dalla fine del 1300 fino a coprire i primi anni del 1800. Il lavoro, corredato da una ricco apparato iconografico e cartografico curato da Mauro Unfer, elenca le notizie emerse sugli opifici di Paluzza, Englaro, Casteons, Naunina, Rivo, Treppo, Siaio, Zenodis, Tausia, Ligosullo, Cleulis e Timau prendendo in considerazione, oltre a numerosi atti notarili, anche il “Censimento degli opifici del 1756” ed il “Catasto napoleonico del 1812”.
Il quaderno n. 7 continua con la relazione che Adriana  già direttrice del SAIL Servizio Autonomo per le Identità Linguistiche del Friuli Venezia Giulia, ha presentato in marzo a Tarvisio al “Convegno delle isole linguistiche tedesche della Provincia di Udine”. La relatrice affronta, dopo una breve premessa sulla consistenza e sulle tipologie linguistiche della nostra regione, il problema delle leggi europee, nazionali e regionali a favore delle lingue definite “minoritarie”, friulano, sloveno e tedesco, ma che in realtà, afferma l’autrice, se sommate, sono “maggioritarie” nel Friuli Venezia Giulia.
Con Il sistema bibliotecario e documentario della Carnia Sonia Mazzolini presenta la nuova struttura, voluta dalla Comunità Montana della Carnia, per favorire la formazione di un’area di cooperazione nella quale si creino interrelazioni fra diverse strutture: biblioteche civiche dei vari comuni, biblioteche legate ai musei, centri di documentazione (archivi privati e parrocchiali). L’obiettivo è dunque la realizzazione di un sistema aperto che favorisca la valorizzazione delle risorse documentarie presenti in ogni singola specificità. Il sistema prevede una Biblioteca capofila, la Biblioteca Civica della Carnia (Tolmezzo), delle “Strutture integrate nel sistema” ovvero le biblioteche del territorio, le biblioteche dei Musei ed infine le biblioteche scolastiche e gli Archivi parrocchiali e privati dei comuni carnici. Le biblioteche del sistema ed i centri di documentazione nonostante la specializzazione e la tipologia, dovranno condividere obiettivi e funzioni comuni, tenendo d’altra parte ben presenti ogni singola specificità e complessità delle risorse.
Con Oldarlaiana heksaraian Laura Plozner van Ganz continua la trattazione del tema già presentato nel quaderno n.5. Nell’articolo in timavese vengono riportate le trascrizioni di alcune registrazioni aventi per argomento l’oscuro mondo delle streghe. Gli informatori raccontano di fatti accaduti in paese, vissuti in prima persona oppure tramandati per generazioni nelle file, in un tempo in cui la superstizione e la religione convivevano ed erano gli unici strumenti attraverso i quali la popolazione cercava di spiegare il soprannaturale e di liberarsi dagli heksaraian (sortilegi, malefìci).
Il volume prosegue con un contributo di Velia Plozner dal titolo I sentieri della memoria. Dal Passo di Monte Croce Carnico a malga Promosio lungo il “fronte del primo conflitto mondiale”. Recentemente l’intero crinale, che dal passo di Monte Croce Carnico giunge a Pramosio, è stato fatto rientrare in un progetto di recupero sostenuto dal Comune di Paluzza il quale, con il coordinamento dell’Associazione Amici Alpi Carniche, vuole salvare dal degrado le innumerevoli testimonianze. Per tale scopo sono stati ottenuti finanziamenti per il recupero della sede del Museo della Grande Guerra e per lo svuotamento ed il consolidamento delle strutture murarie del ricovero del Battaglione Tolmezzo e della mulattiera della Kalada. Altri interventi in quota, affidati esclusivamente al volontariato, sono lo svuotamento di trincee, ricostruzione muri a secco, recupero e pulizia dei numerosi graffiti. In questo modo si va realizzando il recupero delle opere militari più significative poste lungo il “Sentiero della memoria” che, una volta completato, vedrà la collocazione della segnaletica bilingue sulle vie principali, lungo i sentieri di accesso e nei punti di sosta oltre all’indicazione dei percorsi con adeguata “legenda” e la realizzazione di materiale promozionale dell’area con informazioni sul percorso e sui tempi di percorrenza.
Il Santuario di Maria Schnee a Mauthen viene descritto da Monika Klaus. Quasi tre secoli fa, in cima allo Spähbühel, venne consacrata la prima piccola cappella, costruita interamente in legno, il santuario di Maria Schnee o “Madonna della Neve”. La devozione dei fedeli verso la chiesetta si deve ad un fatto avvenuto in una chiara e limpida giornata del mese di agosto del 1675 quando le tre sorelle Görzer - Anna, Magdalena e Katharina - salirono sullo Spähbühel per raccogliere mirtilli ed improvvisamente, apparve loro, sollevata sulle rocce, l’immagine di una figura femminile, vestita di un abito bianco come la neve. Il dolce volto, coperto da un bianco e delicatissimo velo, era rivolto verso i mietitori al lavoro. Sul luogo dell’apparizione venne piantata una croce in legno e poi …
Il secondo articolo in timavese di Laura Plozner van Ganz riporta le testimonianze di alcuni anziani sulle tradizioni riguardanti le giornate dedicate a Tutti i Santi ed al ricordo dei defunti. Tali usanze stanno purtroppo scomparendo e quindi l’obiettivo dell’articolo Oldarhaillin unt orman Sealn too è di farle conoscere ai lettori affinché possano essere recuperate.
L’anno che si chiude è stato proclamato dall’Onu Anno internazionale dell’acqua. Per tale evento, la classe IIB della Scuola Media di Paluzza, guidata dalla prof.ssa Alessandra Giorgessi, ha organizzato una mostra per far conoscere il risultato delle loro ricerche sull’utilizzo dell’acqua nella Valle del Bût. Per realizzare questo lavoro i ragazzi hanno intervistato Franceschino Barazzutti del “Comitato per la tutela delle acque del Tagliamento” e Ferdinando Di Centa, direttore della SECAB di Paluzza. Le domande, formulate con interesse e competenza dagli studenti, e le risposte degli intervistati sono riportate nell’articolo che si conclude con il testo del Contratto mondiale dell’acqua, nella versione in friulano curata dal mensile “La Patrie dal Friûl” (www.friul.net).
Finalmente le avventure di Pinocchio sono state tradotte anche in timavese. Dopo oltre duecentoventi versioni pubblicate in varie parti del mondo, Peppino Matiz van Messio propone il “suo” Pinocchio ai bambini ed adulti di Timau, al fine di essere utilizzato per avvicinarsi ancora all’antica parlata tedesca del luogo. La prima puntata della storia di Collodi uscì nel 1881 sul numero iniziale del “Giornale per i bambini” con il titolo Storia di un burattino, ed ora anche noi presentiamo, dopo centovent’anni, la prima parte della versione in timavese illustrata con simpatici disegni di Lisa Mentil. Le puntate successive verranno proposte nei prossimi quaderni ed infine la storia di Pinocchio in timavese verrà pubblicata in un libro per ragazzi piacevolmente illustrato.
Il saggio di Giorgio Ferigo e PierMario Flora racconta dell’estate 1608, quando 76 cramari dell’alta Val But furono deferiti al tribunale dell’Inquisizione per aver commesso, durante la loro permanenza nei paesi riformati, un reato (o peccato): avevano mangiato cibi proibiti durante i tempi proibiti dalla Chiesa Cattolica. I cramari raccontarono dei luoghi dove si erano recati, degli itinerari percorsi, del tempo che avevano trascorso all’estero, dei rapporti di lavoro che li legavano ad un «patrone» o ad un socio, delle merci che trasportavano, del «credito» che racimolavano e come garantito e da quali fideiussori e come riscosso, dei rapporti coi mercanti d’oltralpe, dell’alfabetizzazione... Così, quei 76 processetti forniscono uno «spaccato» sociologico o storico di eccezionale rilevanza, per il numero dei protagonisti, per l’anno di svolgimento (molto «alto» rispetto a tutte le altre documentazioni finora disponibili), ma soprattutto perché – e sia pure filtrate dalla penna d’oca dello scrivano, dalle domande selettive dell’inquisitore, e da una evidentissimamente concordata linea di difesa comune – sono le voci stesse dei cramari che noi ascoltiamo, in racconti talvolta intensi e drammatici. I debiti e i peccati. Estate 1608: i cramari dell’Alto But, a partire da un contrasto «culturale» e – allora – di appartenenza confessionale, il contrasto sul cibo, si rivela di sorprendente attualità, ribalta le prospettive e dà occasioni di riflessione – di quando i marocchini eravamo noi.
Il quaderno nr. 7 si chiude con l’elenco degli articoli pubblicati nei precedenti numeri dei Quaderni di Cultura Timavese – Tischlbongara Piachlan dal 1997 ad oggi.

Mauro Unfer, dicembre 2003

 
 
 
 
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