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Lacqua è il patrimonio dellumanità.
Per alcuni, è già il petrolio del terzo millennio. Non a
torto, visto che anche in Carnia, territorio ritenuto ricco di piogge
e di fiumi, lemergenza idrica cè. Gli alvei fluviali
hanno sete. Il campanello dallarme è suonato la scorsa estate,
con una clamorosa manifestazione, a Caprizi, località nei pressi
di Socchieve: il Tagliamento era in collasso. Scenario marziano, in un
fiume di pietre, ovunque. Lacqua si era trasformata in deserto,
i pesci in sassi. Impossibile pescare. Alto il rischio depauperamento
ambientale, vale a dire moria di microfauna e microflora, tutti organismi
che non si vedono, ma trovano vita nellacqua. Forte il rischio di
creare una lunga, interminabile, fastidiosa fogna a cielo aperto. Lallarme
lanciato da Caprizi è stato recepito in Regione, che ha varato
la legge 28 del 27 novembre 2001. Alcuni mesi dopo, a Paluzza, si è
tenuto un convegno, sabato 23 febbraio, presso sala San Giacomo, con un
titolo, che è una speranza: "Il deflusso minimo vitale nelle
derivazioni dacqua: dalla legislazione statale e regionale alla
pratica attuazione negli alvei fluviali".
Tutto è iniziato con unequazione: acqua uguale chilowhattore.
La Carnia con i suoi corsi dacqua abbondanti aveva, in passato,
mutato la vocazione ad un uso differenziato ed intelligente dellelemento.
Poi è arrivato lo sfruttamento intensivo ed esaustivo. Via i corsi
dacqua superficiali. Dentro, sotto terra, chilometri di tubi, pronti
a convogliare lacqua in centraline, e a trasformarla in energia.
Una mentalità che si è concretata già 50 anni fa.
"La manifestazione di Caprizi ha dato il via ad una nuova cultura
dellacqua, ha riproposto il problema. Il dovere di tutelare il proprio
territorio, utilizzando le legislazione vigente che stabilisce un flusso
minimo vitale. Noi abbiamo sempre detto no ad una monocoltura e monocultura
dellacqua. Bisogna ritormare come in passato, ad un suo uso differenziato"
ricorda Franceschino Barazzutti, presidente del comitato per la tutela
delle acque del bacino montano del Tagliamento. Da prendere spunto, allora,
ciò che si fa in Austria. Qui lenergia non si ottiene solo
dallacqua, ma, fa sapere Wilfred Klaus, esperto del settore, "si
ricava anche dal sole, con i pannelli fotovoltaici, dalle biomasse, dai
gas organici, e sfruttando la forza del vento". Cioè bisogna
trovare fonti di energie alternative, oltre allacqua.
La legge salva fiumi è una misura di salvaguardia, una sorta
di decreto, approvato dallautorità di bacino di cui fa parte
anche la regione e che fra qualche giorno entrerà in vigore. Essa
prevede un deflusso minimo vitale dei percorsi dacqua, grazie a
una quantità minima di rilascio o rispetto. Ogni ente che preleva
acqua dal fiume deve, in pratica, rilasciarne a valle una certa quantità,
cioè una portata di rispetto, per garantire un minimo deflusso
ambientale. Se per caso la portata che arriva dalla montagna è
più bassa del valore stabilito, lente non può prendere
nulla. Ma di quantè questa "portata di rispetto"?
"Dipende dai punti del fiume spiega Antonio Rusconi, segretario
generale dellautorità di bacino -. In alta montagna, dove
il bacino idrografico è minore, questo valore è basso. Più
si scende, più la quantità da rilasciare è maggiore.
Cè però un valore di base: 4 o 6 litri al secondo
per chilometro quadrato, quantità che va moltiplicata per i chilometri
quadrati del bacino che cè dietro al tratto fluviale. Poi
ci sono valori minimi fissati per zone di interesse paesaggistico e le
sorgenti". Ma il convegno, che era rivolto principalmente alle problematiche
del Tagliamento, ha riacceso le scintille fra la Secab e Cecivento. A
lanciare le accuse, Della Pietra, un agricoltore direttamente interessato
dal passaggio dei tubi porta-acqua alla costuenda centralina di Nojaris,
che denuncia: "La Secab ha ridotto a secco alcuni tratti del fiume
Bût, affluente del Tagliamento. In più cè un
investimento di 12 miliardi, 8 dei quali Ue, per costruire la centralina
nuova di Nojaris, che produrrà al massimo 100 Kw. Con quei soldi
si può ottenere la stessa energia, utilizzando dei pannelli fotovoltaici".
La risposta non ha tardato ad arrivare da Ferdinando Di Centa, direttore
generale, che precisa: "La Secab sta finanziando il progetto, per
il momento, con soli fondi propri, di sua disponibilità, e in parte
con mutuo bancario. I fondi Ue non si sa se arriveranno. I benefici della
nuova centrale sono di tipo economici e aziendali. La società di
Paluzza produrrebbe in totale 36 milioni di Kw. Di questi, la nuova centralina
apporterebbe 9 milioni di Kw, non solo 100 Kw. A conteggi fatti, considerando
il deflusso minimo, la produzione totale calerebbe di 2,5 milioni di Kw.
In più la Secab preleva e riversa sulla stessa asta fluviale, seppur
a una certa distanza". Ma dalla sala, qualcuno chiede a Di Centa:
"Che mi dice della morte del Bût da Cleulis a Enfretors e da
Museis al Ponte di Nojaris? Lì non cè acqua. E
tutto prelevato". Questa la replica del direttore generale: "I
vantaggi sono in termini ambientali mondiali, la produzione di 36 milioni
di Kw è equivalente a 8280 tonnellate di petrolio. Così
si evita di immettere in atmosfera 20880 tonnellate di anidride carbonica,
che per essere assorbita avrebbe bisogno di un bosco di 28 chilometri
quadri. E poi ci sono tutti i vantaggi sulla salute umana". Della
Pietra è sbottato: "Qui siamo in Carnia, non a Marghera".
La stoccata finale alla Secab la dà Barazzutti: "Cosa fa in
alveo la Secab? Produce desertificazione come lEnel? Allora ha la
coda di paglia e daremo battaglia anche a lei. E una questione di
civiltà, di rispetto delle leggi. Cè la necessità
di una nuova cultura dellacqua, qui stiamo parlando di una fondamentale
risorsa per la vita".
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