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Gli allevatori:
in malga latte di fondovalle
(Gino Grillo)
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Sarebbe stato conferito
con fattura da un caseificio di Sutrio che in agosto a causa di lavori
non poteva trasformarlo
In corso accertamenti della Guardia di finanza dopo la denuncia di alcuni
produttori montani
Prodotti di malga derivati da latte
proveniente dal fondovalle e dalla pedemontana. Questa l'accusa lanciata
da alcuni allevatori della montagna carnica a certi prodotti delle malghe.
Una vera e propria frode - se la circostanza sarà confermata -
ai danni dei consumatori che si recano, specie durante la bella stagione,
a passeggiare in montagna, nelle zone dove si trovano le malghe alpeggiate.
Qui ci si può rifocillare e, magari, portarsi a casa qualcosa che
profuma ancora di genuino, come una volta.
Ma ci sarebbe qualcosa di anomalo. «Non si possono vendere prodotti
di malga ai primi di giugno, o luglio, dopo solo pochi giorni che si è
provveduto alla monticazione delle malghe», osservano. Non ci sarebbe
il tempo necessario e sufficiente a produrre, con il latte munto in malga,
i prodotti caseari che vengono tanto celebrati. «Il formaggio di
malga - spiegano gli allevatori - può essere commercializzato solamente
dopo 60 giorni dalla sua produzione». Praticamente a stagione finita,
visto che l'alpeggio dura, nell'Alto Friuli, da metà giugno a metà
settembre. «Diversamente si pone in vendita un prodotto di fondovalle,
mettendo in atto, oltre che una frode verso il consumatore, una ingiusta
concorrenza agli allevatori che praticano l'alpeggio». L'accusa
quindi si fa più precisa, tanto che della questione è stata
interessata la Guardia di finanza di Paluzza.
Alcune segnalazioni avrebbero fatto notare che nei giorni 4 agosto e successivi
latte proveniente dal fondovalle sarebbe stato trasportato in una malga
per essere venduto come tale, o per essere destinato alla trasformazione
in prodotti caseari. Il latte sarebbe quello prodotto dal Caseificio Alto
Bût di Sutrio. Questa società avrebbe conferito il proprio
prodotto allAssociazione allevatori del Friuli-Venenzia Giulia con
regolare fattura: un atto, dunque, perfettamente legittimo. Ma poi questo
latte sarebbe stato trasferito con delle autobotti in malga per lo smercio
in quota o come latte prodotto in loco o come trasformato: burro, formaggio
o ricotta. Da qui la denuncia di possibile frode ai danni dei consumatori
e agli altri allevatori della zona, e di un grave danno di immagine ai
danni del vero prodotto di malga, così tanto ricercato.
Nulla, comunque, finora è trapelato dalle indagini effettuate dalla
Guardia di finanza.
«Sono tutte materie prime dei pascoli
di montagna». Peresson respinge le accuse
Il mondo delle malghe sta vivendo un momento particolare
in Carnia. Molte non vengono più alpeggiate dagli allevatori locali:
alcune si perdono o si trasformano, altre si rinnovano o vengono condotte
da imprenditori provenienti dal altre regioni. Prezzi di affitto che crescono,
Comuni che alzano le basi d'asta, allevatori montani che vedono ridursi
ancor di più il già esiguo guadagno di una stagione in alta
quota. «Se poi si incrina pure l'immagine di quei prodotti caseari
di malga...» Da qui la denuncia secondo cui potrebbe essere stato
messo in commercio latte (o suoi derivati) non prodotto in loco.
Ma Claudio Peresson, presidente del caseificio sociale Alto Bût
di Sutrio, getta acqua sul fuoco. «Noi - dice - non abbiamo commesso
alcuna infrazione. Durante il mese d'agosto, per lavori presso i nostri
stabilimenti, non potevamo trasformare il latte, che è stato quindi
venduto ai Cobas di Granarolo». Una parte di questo, per l'esattezza
30 ettolitri, è stato ceduto, con regolare fattura, alla Società
allevatori regionale che lavrebbe destinato a una malga per far
fronte alla enorme richiesta di prodotti durante le feste agostane che
si effettuano in zona». «A ogni modo - spiega Peresson - sempre
di latte di malga si tratta, in quanto proveniva dai pascoli di Somplan,
in Carnia».
Ribattono i contrari, cioè gli allevatori della denuncia: «Se
non si produce in malga si perdono le quote latte. Si può andare
in deroga alla vendita diretta, in occasione di manifestazioni, ma il
latte posto in vendita in simili frangenti deve essere proprio. Se lo
si acquista da altre zone, non lo si produce, ma lo si commercializza.
E ciò potrebbe configurarsi in una frode».
www.messaggeroveneto.it
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