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TOLMEZZO. In scena
i fucilati di Cercivento
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A palazzo Frisacco una lettura interpretativa
di Massimo Somaglino dallatto unico di Carlo Tolazzi
Stasera a Tolmezzo la storia dei quattro alpini finiti nel 16 davanti
alla corte marziale
All'alba di un giorno d'estate del 1916, quattro
alpini salutano per sempre la vita, vittime di un meccanismo burocratico
e repressivo che non concede scampo da una sommaria accusa di rivolta.
La ricostruzione dell'ultima ora trascorsa da due di essi è l'ipotesi
drammaturgica proposta da Angela Felice, per il Teatro Club Udine, in
collaborazione con il Comune di Tolmezzo, a partire dall'atto unico che
lo scrittore Carlo Tolazzi ha recentemente composto, per ricordare
nelle parole dello studioso Gianpaolo Leschiutta un tragico «episodio
di decimazione». Fucilati all'alba a Cercivento nasce proprio su
questi presupposti, nella memoria di un'esecuzione controversa, avvenuta
nelle primissime ore di un'alba di guerra, sulla Creta di Collinetta,
presso il passo di Monte Croce Carnico. E stasera alle 20.30 a Tolmezzo
(palazzo Frisacco) i drammatici accadimenti di quell'1 luglio 1916 riecheggeranno
nel corso di una serata alla quale prenderanno parte, appunto, Angela
Felice e Carlo Tolazzi, oltre al regista Massimo Somaglino (nella foto
in alto), impegnato in una "lettura interpretativa" del testo
di Tolazzi, preceduta da una breve presentazione dell'autore. Un quadro
più ampio dell'episodio sarà tracciato grazie agli approfondimenti
offerti dal saggio di Gianpaolo Leschiutta, sul quale si focalizzerà
l'intervento di Angela Felice.
La decimazione di Cercivento è un episodio della Grande Guerra
divenuto ormai famoso soprattutto per le conseguenze burocratiche che
ha avuto fino ai giorni nostri. Dietro il cimitero, quattro alpini friulani
furono fucilati dopo un processo per direttissima convocato dal comandante
della 26ª Divisione alpina operante in Carnia,generale Salazar. Le assise
si svolsero nella chiesa di Cercivento, e si conclusero con quattro condanne
a morte e decine di anni di reclusione comminati a diversi alpini del
109° battaglione Monte Arvenis, operante allora nei pressi del passo
di Monte Croce Carnico. Tre dei quattro militari erano carnici, uno di
Maniago. L'accusa per cui vennero portati davanti alla corte marziale
era di «rivolta in presenza del nemico», secondo quanto disposto
dall'articolo 114 del Codice penale militare. In sostanza, il 109°
battaglione si rifiutò, la sera del 24 giugno 1916, di intrapredenre
un'azione ordinata e predisposta dal capitano comandante per conquistare
la cima est della Creta di Collinetta. Il rifiuto originava da considerazioni
di opportunità: molti dei militari, indigeni e perciò espertissimi
di quelle montagne, avevano giudicato praticamente suicida l'azione proposta
dall'ufficiale, e avevano a loro volta proposto alternative di percorso
e di metodo, scatenando la reazione del comandante, che portò tutto
il battaglione davanti alla corte marziale. Istruttoria e processo si
svolsero nel giro di due giorni. Due ore dopo la sentenza, la fucilazione
era ormai avvenuta, seppure in circostanze drammatiche, essendo stato
impedito alla popolazione di Cercivento di accedere al luogo stabilito
per l'esecuzione, ed essendoci volute due scariche del plotone di carabinieri
e un colpo di grazia per finire tutti i condannati a morte.
I nomi dei quattro non compaiono su nessun elenco e in nessun sacrario,
destino normale per chi si è macchiato di un tale crimine. Ma il
recupero fortuito di alcune carte processuali e l'ostinazione dimostrata
da parenti delle vittime e da ricercatori hanno messo in moto un vero
e proprio movimento per ottenere la riabilitazione dei quattro. A Cercivento
è sorto, proprio sul luogo della decimazione, un cippo che ricorda
nomi e circostanze. La battaglia burocratica per la riabilitazione non
ha finora portato a risultati tangibili, complice un assurdo articolo
del Codice di procedura penale (il 683), che dispone come l'istanza di
riabilitazione, per essere presa in considerazione, deve essere proposta
dall'interessato.
Il lavoro di drammaturgia di Carlo Tolazzi si basa su una documentazione
capillare e presenta quella che potrebbe essere stata l'ultima ora di
vita dei quattro alpini condannati alla pena capitale. I dialoghi immaginati
su cui si articola l'atto unico danno allo spettatore un quadro completo
e comprensibile della vicenda, naturalmente dal punto di vista delle vittime.
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