numero 1 - Marzo 1997

Edito a cura dell'Istituto di Cultura Timavese, con il contributo del Circolo Culturale "G. Unfer" di Timau - Tischlbong e del Comune di Paluzza (UD)


Sommario:

• Incontro con Timau
• La casa villereccia di Timau
• Da puacha
• La pratica testamentaria nella villa di Timau
• Bartarpuach va Tischlbong
• Da kartufula
• Da chropfn
• I nomi propri nell'uso di Timau
• Sghlitn
• A richtiga leara
• Meni dar sghmiid


Il primo quaderno di cultura timavese si apre con un messaggio augurale della professoressa Maria Hornung di Vienna che ci racconta com’è nato l’interesse, da parte della scuola dialettale dell’Università di Vienna, per l’isola linguistica di Timau - Tischlbong.
Segue lo studio di Aristide Baragiola, "La casa villereccia di Timau", che non è limitato esclusivamente all’architettura vista e vissuta come spazio umano risultato di secolare esperienza e sapienza , ma comprende anche usi, costumi, tradizioni nonché il paesaggio, il lavoro e la lingua. Argomenti che il professore dell’Università di Padova osservava e si faceva raccontare nelle case di Timau nel corso delle sue visite tra il 1902 e il 1915.
"Da pama va unsarn baldar" ci guiderà di numero in numero nella conoscenza degli alberi e delle piante. Scopo di questa serie di elaborati a più mani è quello di avvicinare i meno esperti alle meraviglie della flora locale per poter riconoscere le numerose specie arboree dei nostri boschi e sapere quelli che erano e sono gli utilizzi riservati al legname, ai frutti, ai fiori ed alle gemme. In questo numero iniziamo con il faggio, "da puacha", albero maestoso che per secoli ha protetto Timau da valanghe e massi.
Una ricerca sulla pratica testamentaria "nella villa di Timau" viene presentata da Manuela Quaglia che, ricercando nell’archivio notarile di Udine materiale per la realizzazione della tesi di laurea "La toponomastica dell’isola tedesca di Timau", ha scoperto numerosi documenti riguardanti il nostro paese. Nei prossimi numeri dei quaderni, la neodottoressa, proporrà alla nostra attenzione l’esame di vari momenti storici che hanno caratterizzato la vita della nostra comunità.
A metà quaderno troverete l’inserto con la lettera "A" del vocabolario "Bartarpuach va Tischlbong". Questo lavoro, frutto della raccolta di vocaboli alla quale da anni si stanno dedicando Peppino Matiz e Mauro Unfer, è la prima stesura del dizionario Italiano - Timavese Timavese - Italiano e rappresenta il punto di partenza per quello che sarà il vocabolario definitivo. Pertanto, chi desidera collaborare alla redazione del "Bartarpuach va Tischlbong" apporti le correzioni, le aggiunte ed i tagli che ritiene opportuni e consegni l’inserto staccabile agli autori.
Onelio Mentil, con passione e dovizia di particolari, descrive la semina ed il raccolto della patata, nonchè il suo utilizzo in cucina e come pianta officinale. Anche questo lavoro fa parte di una serie che ci condurrà di volta in volta nella descrizione della coltivazione e utilizzo delle colture più diffuse sul nostro territorio.
Con la preparazione dei chropfn, Ketty Silverio inizia una ricerca che ci illustrerà la preparazione delle pietanze della nostra gastronomia, dai piatti più rinomati a quelli poco conosciuti o dimenticati.
Lo studio dei nomi di persona dei timavesi non è mai stato trattato. Questo vuoto viene colmato, con la solita competenza, da Giuseppe Francescato con una relazione che prende in considerazione quasi settecento nomi e vari aspetti storici che hanno influito sulla tradizione onomastica timavese.
Mezzi di trasporto, usati da tempo immemorabile dai nostri antenati, "da sghlitn" ci vengono descritte in dettaglio nella costruzione e nel loro uso quotidiano. Dino Matiz ci guida, anche attraverso illustrazioni, nella scelta e lavorazione dei materiali necessari all’assemblaggio vero e proprio delle "sghlitn".
Il primo quaderno si chiude con due racconti in timavese: il primo raccolto da Laura Plozner è una favola, segue una leggenda, tradotta da Peppino Matiz, che Luigi Gortani raccolse in Carnia alla fine del ‘800.

Timau - Tischlbong, 17 marzo 1997 Mauro Unfer

 
 
 
 
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