Lidia Muser dottoressa in giurisprudenza.



Le persone presenti nella vasta “Sala napoleonica” di Palazzo Greppi, a Milano, seguono con attenzione la lucida esposizione della giovanissima donna che sostiene con sicurezza l’esame di alcune paia di occhi che non si staccano mai dal suo volto leggermente arrossato per la tensione del momento, perfettamente dominata. Seduti fianco a fianco sul lato lungo del tavolo di legno opaco, dieci docenti dell’Università statale del capoluogo lombardo ascoltano attentamente una laureanda che sta affrontando la discussione della sua tesi di laurea. Lei appare calma e concentrata. Parla senza fretta, con chiarezza, stando ben attenta ad evitare titubanze ed inceppamenti. Improvviso, un raggio di sole entra obliquamente da uno dei finestroni posti più in alto e disegna un nastro di pulviscolo dorato che si riflette nel vetro di una elegante libreria collocata sulla parete opposta. L’apparizione di quella lama di luce sembra mandare un segnale all’esaminanda che illustra gli ultimi concetti della sua relazione e poi si dispone, con ben studiata tranquillità, ad attendere le decisioni del severo consesso che la fronteggia. Un breve conciliabolo, quindi il chiarissimo professore Oreste Dominioni, presidente della commissione, emette l’atteso verdetto: Lidia Maria Muser ha conseguito a pieni voti la laurea magistrale in Giurisprudenza! Sono all’incirca le ore 17.00 del 23 marzo 2011.
Quello che avviene in seguito è facilmente intuibile. Parenti ed amici circondano Lidia, la stringono in un abbraccio festoso, quasi la soffocano con le espressioni del loro affetto, le fanno sentire il calore delle loro più sincere felicitazioni, intrecciano anche commenti scherzosi sulla sua futura attività…insomma, trasformano in fantastica una giornata già bella di suo. Lidia è raggiante e ne ha tutte le ragioni. Il suo indefesso impegno, la sua diligenza, la sua determinazione talora spinta al limite della caparbietà, le hanno regalato una grandissima, doppia soddisfazione: guadagnare un anno sulla canonica tabella di “marcia” e laurearsi con una tesi altamente impegnativa. Per capirlo, basta leggere il titolo della sua fatica, della quale era relatore il citato professor Dominioni, coadiuvato dalla correlatrice dottoressa Francesca Trevese:
“La testimonianza del minore vittima di abusi: tecniche di assunzione e criteri di valutazione”.
La tesi è un ponderoso tomo di ben 430 pagine a facciata singola e nell’arco di sette capitoli - le cui enunciazioni programmatiche sono dettagliatamente approfondite nel corpo dei capitoli stessi - tocca molteplici argomenti, dei quali forniamo qualche indirizzo a scopo esplicativo: la raccolta delle prove nel procedimento penale, le tecniche di assunzione e i criteri di valutazione della testimonianza del minore parte offesa nei reati sessuali, i principi e le fonti normative a tutela del minore testimone, i criteri di valutazione della testimonianza del minore, le diverse sedi di assunzione della testimonianza e così via. Anche agli occhi di un profano balza evidente la conclusione che la neo-dottoressa ha dedicato alla compilazione della sua tesi giorni e giorni di attento lavoro di ricerca e di elaborazione dei dati raccolti, sviscerando il tema prescelto in maniera esaustiva e brillante, grazie alla preparazione di fondo e ad una naturale intelligenza. Resta, inoltre, da sottolineare che la prosa scorrevole della fanciulla ha reso per la maggior parte comprensibili i concetti enunciati anche a persone (come noi…) non particolarmente versate nell’argomento, nonostante la materia trattata sia arida e sottoposta a forzose regole semantiche.
Ma dove la profonda umanità e i sani principi morali di Lidia rifulgono prepotenti è la sezione dedicata ai ringraziamenti. Scorrere quella lunga pagina mette quasi a disagio, perché sembra di violare l’intimità di una confessione d’amore e di riconoscenza, tanta è la forza affettiva che erompe da quelle dediche. Lidia ha avuto una dolce parola per tutti: familiari, parenti, amici.
Si comincia dalla sua mamma Stefania: “A mia madre, il mio riferimento, l’unica persona che sicuramente mi sarà sempre vicina in ogni momento della mia vita. (…) A lei che con la sua infinita pazienza rende coesa e speciale la nostra famiglia…”.
Si prosegue con il papà Giordano, uno stimato avvocato del Foro di Varese:
“A mio padre, che mi ha sempre spinta a fare meglio e incoraggiata negli studi e nella vita. (…) A lui che mi ha trasmesso l’amore per le mie origini e la mia famiglia…”.
E’ poi la volta della cara sorella Marta, scultrice e pittrice di vaglia, la quale un paio d’anni fa si è laureata dottoressa in pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera: “A mia sorella che mi ha sempre consolata nelle crisi preesame, ricordandomi con i suoi sogni e i suoi progetti l’importanza dei piccoli attimi. A lei e a suo marito che mi hanno resa zia di una meravigliosa nipotina”
Ed eccoci ad Ottaviano, prossimo architetto: “Al mio grande amore Ottaviano che non mi abbandona mai, che è vicino a me in ogni momento di crisi e soprattutto di gioia. (…) A lui che mi completa, con cui voglio condividere ogni istante che la vita mi concederà, sperando di renderlo felice e di farlo sentire amato così come lui riesce a farmi stare. A lui che è capace di asciugare ogni mia lacrima ridandomi il sorriso.”
Poi Lidia ricorda e ringrazia alcune persone nei confronti delle quali nutre sentimenti di affetto e di sincera amicizia. Sono parenti attuali (lo zio Alberto) oppure futuri (Velia e Sergio, auspicabili suoceri, e nonna Alda e Giacomo, fratello di Ottaviano); sono amiche del cuore (Francy, Mony, Ary, Fede); sono premurosi ed insostituibili amici (Zen, Enrico); ed infine, sono le persone che un destino crudele ha voluto staccare da lei, ma che Lidia porta e porterà sempre nel cuore.
Dalle motivazioni che accompagnano le dediche emerge un ritratto che riflette alla perfezione l’autentica natura di Lidia, una donna in boccio tenera e schietta, gelosamente legata ad un mondo di affetti e di certezze emotive che lei si è costruito popolandolo esclusivamente delle persone più care, di quelle che le trasmettono sicurezza e le garantiscono sostegno e conforto in ogni occasione. Ma non si creda che Lidia sia una ragazza timida ed insicura, bisognosa di essere guidata per mano in questa nostra società cinica e priva di scrupoli. Al contrario, dietro quegli occhioni limpidi e trasparenti gira a pieno regime un cervello acuminato, sorretto da un’intelligenza, da una volontà e da una perseveranza in virtù delle quali nessun traguardo le sarà mai precluso, perché Lidia Maria Muser sa quello che vuole e sa come ottenerlo.
Auguri, cara dottoressa in giurisprudenza (il titolo accademico ti spetta con pieno merito, non sottilizziamo sul rispetto di fumose regole procedurali). La tua giovanissima esistenza ti ha già dato molto, ma tanto di più ti darà nel prosieguo di vita lunga e felice, accanto al tuo Ottaviano. Aristotele diceva che la convinzione genera l’evento; tutti noi che abbiamo il privilegio di conoscerti la pensiamo come lui: ecco perché siamo sicuri che il destino ti riserva soddisfazioni ed opportunità esaltanti a piene mani. Sta a te coglierle. Ma qualcosa ci dice che non te ne farai scappare neppure mezza.

Rocco Tedino