Patera, scopritore delle Carniche. L’alpinista austriaco esplorò e firmò numerose prime tra il 1895 e il 1913
(Luciano Santin )

Nato a Salisburgo ha legato il proprio nome a un’instancabile attività alpinistica e pubblicistica

«Quale gioia concedi a colui che odia l’attività forzata degli stolti uomini. Libero da tutte le preoccupazioni, il sognatore solitario si sente come un bambino nel grembo protettivo della natura tanto amata, il cui culto da solo gli offre la consolazione per ogni male e gli dà una rassegnazione e una certa fuga dal mondo». Queste parole vennero scritte cent'anni fa, dopo un bivacco in montagna, da Lothar Patera, alpinista austriaco e sistematico scalatore delle Carniche.
Malgrado l'importante opera di esplorazione svolta tre il 1895 e il 1913 sulle montagne comprese tra il Friuli e la Carinzia, nonché l'intensa attività pubblicistica, da questa parte del versante alpino la sua figura è quasi sconosciuta. A trarla dall'oblio ci ha pensato Daniele Bertossi, giovane osovano appassionato di alpinismo e di fotografia, che ne ha ripercorso buona parte delle "prime", confezionando una proiezione-conferenza già presentata in alcune sezioni regionali del Cai. Dalle sue ricerche sono tratte le note che seguono.
Lothar Patera nasce il 12 marzo del 1876 a Salisburgo, dove frequenta il ginnasio, avendo come insegnante Ludwig Purtscheller, la cui influenza è presumibilmente decisiva nella sua formazione. Si trasferisce in seguito a Vienna dove si diploma all'istituto superiore di veterinaria. Dopo un breve tirocinio, inizia ad esercitare in Carinzia: a Kirchbach, nella Gailtal, e a St. Leonhard, nella Lavanttal, per continuare, da ufficiale veterinario, nel Tirolo settentrionale e nel Lungau.
Intanto ha iniziato le sue scalate, d’estate e d'inverno. Sarà durante una scialpinistica sullo Shareck, che un congelamento gli porterà via alcune dita (per la cronaca, l'assicurazione non gli riconoscerà il danno, sentenziando che poteva comunque scrivere e visitare i suoi pazienti a quattro gambe).
La sua è un'attività metodica, che comprende molte traversate di cresta, capaci di dare una miglior conoscenza dei gruppi. Traccia una trentina di "prime", anche assolute (quelle note, ma non è escluso che siano di più), su una serie di cime: tra queste il Brentoni, il Crissin, l’Avanza, la Creta Forata, il Fleons occidentale, il Volaia, lo Zermula, la Cima Capolago, il Sernio, il Cuestalta (è una probabilità, perchè la cima indicata è la sconosciuta Edelweisspitze, in zona Cason di Lanza, e la quota coincide). Raggiunge in prima assoluta la vetta del Tuglia, sul Cavallo di Pontebba, sale lo spallone nord, oggi percorso dalla ferrata Contin, sulla Creta d'Aip l'attuale "via della bicicletta", effettua la prima invernale sul monte Peralba.
Nella "grande settimana" dall’8 al 14 settembre 1900 scopre l'attuale via normale dell'Avanza, traversa la Creta Forata aprendone la cresta sudoccidentale, sale per la prima volta il Tuglia, concatena la cresta dei Fleons (per l'Edigon e la Creta Verde si tratta di altre prime assolute), per concludere con la Cresta dei Biegenkopfke.
Le sue salite si fermano sempre alla Valcanale, come ci fosse un tacito impegno con il poco più anziano Kugy, che negli stessi anni sta perlustrando le Giulie.
Affianca alle ascensioni un'intensa attività di divulgazione: Patera scrive su tutte le maggiori riviste alpinistiche di lingua tedesca, e redige numerose monografie alcune delle quali sulle montagne friulane. Rimane il testo sul Cavallo, mentre quelli sulle Alpi Clautane e sullo Stefanogruppe, ovvero la catena Brentoni-Popera-Crissin, sono andati perduti nell'incendio della sua casa nel borgo Kreuth di Kötschach. Dalla sciagura, avvenuta nel marzo del 1929, si salvò saltando dalla finestra l'unica figlia Lotty, avuta dalla compagna Aurelia Kellner. Persona che costituisce una sorta di mistero, perchè il suo nome compare sulla tomba di famiglia e nei necrologi, però dalle testimonianze risulta anche l'esistenza di una moglie, Marianne, con la quale è attestata anche la salita al Rosskopf (una prima documentata, forse assoluta).
Patera fu piccolo editore in proprio, e si impegnò nella valorizzazione di alcune zone alpine. Convinse Karl Schottner ad acquistare la capanna Leitmeritz nelle Dolomiti di Lienz per farne un rifugio (l’attuale Karlsbadhütte) e fondò, nel 1910, la società Tauriskia, per acquistare e gestire a fini alpinistici una capanna di caccia, la Tauriskiahütte, oggi Untere Gasthofalm, presso il Radstat tunnel.
Nella Grande Guerra fu Alpiner referent, come Kugy. E come "Onkel Julius" si prodigò perché postazioni e baraccamenti venissero posizionati in zone non battute dalle valanghe (in alcuni casi i suoi consigli rimasero inascoltati, con gravi perdite umane).
Dopo il conflitto continuò l'attività alpinistica e pubblicistica sino alla morte, avvenuta nel marzo del 1931, a 56 anni, per una diagnosi errata: in una salita scialpinistica sui monti di Kötschach contrasse una polmonite che venne curata come un semplice raffreddore, portandolo al decesso in una settimana di atroci sofferenze. A ricordarlo, oggi, oltre alle sue vie e ai suoi scritti, conosciuti più nell'area germanofona che in Italia, rimangono alcune cime, e l'Alta via delle Dolomiti numero 7, dal monte Dolada al Cimon del Cavallo, intitolata ufficialmente al suo nome.


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