La storia di Timau

Nei secoli il tedesco arcaico della comunità trilingue di Tischlbong / Tamau / Timau è stato vivo testimone delle origini della popolazione insediatasi, agli inizi del secondo millennio, nei pressi della confluenza del Fontanon con l'antichissima via di comunicazione che, dalla Carnia, attraverso il passo di Monte Croce Carnico, conduceva al Norico. Per la particolare posizione geografica e la provenienza dei suoi abitanti, storia, leggenda e tradizione orale si fondono e alle notizie certe sulle origini di Timau si aggiungono saggi di storia popolare che ci raccontano di un tempio pagano dedicato al dio fluviale Timavus. Questo termine, inteso come stazione di dogana, si trova anche in epoca romana scolpito nella roccia di una delle tre iscrizioni poste sull'antica strada nei pressi del Passo di Monte Croce.

Secondo la tradizione orale nella nostra zona sono avvenute due colonizzazioni da parte di minatori provenienti dalle valli carinziane del Gail e dal Weißensee: la prima intorno all'anno mille, l'altra verso la fine del XIII secolo. La toponomastica ci conferma che la formazione di toponimi con il radicale -wang cessa dopo il 1100. Questo elemento conferma la leggenda della fondazione della prima comunità di Timau (in tedesco Tischl-wang), scomparsa successivamente a causa di un terremoto oppure di un'epidemia.

Nel 1284 è ancora la tradizione orale a venirci in aiuto raccontandoci di un secondo insediamento e dell'esistenza della chiesetta di Santa Gertrude. In questo caso il racconto popolare è confermato dalle affinità tra la parlata tedesca di Timau e i dialetti carinziani; il raffronto dell'attuale parlata timavese e della variante carinziana del medio alto tedesco conferma che i timavesi sono partiti dall'Austria alla fine del 1300.

Nel 1342 e 1375 troviamo finalmente i primi documenti scritti che riportano il nome Timau nella forma tedesca Teschilbang e Teschelwanch. Troviamo, invece, le varianti Tamau, Thomau, Themau rispettivamente nel 1366, 1371 e 1382, in documenti che attestano l’investitura dei Savorgnan, e nel 1392 in una concessione del patriarca di Aquileia Giovanni di Moravia. Numerosi sono gli atti notarili e i contratti che dal 1485 al 1578 regolamentano l'estrazione e la lavorazione dei minerali delle montagne di Timau, in particolare nella località di Pal Piccolo, Pal Grande, Promosio e della Creta. A questo periodo risalgono anche numerosi documenti che riportano notizie della chiesa di Santa Gertrude e di alcuni dei primi cognomi come Prener, Unfer, Mentil e Primus. Gli anni dello sfruttamento minerario hanno richiamato in paese ulteriore mano d'opera dalla Carinzia e dai paesi vicini ed hanno rappresentato per Timau un periodo di incremento demografico e di sviluppo economico tanto che esistevano all'epoca cinque osterie, le quali servivano da punti di ristoro anche ai tanti cramârs carnici che, attraverso il Passo di Monte Croce, si recavano con i loro prodotti nelle contrade dell'Austria e della Germania.

Nel XVIII secolo le riunioni di vicinia si fanno più frequenti e pertanto gli atti notarili a riguardo sono numerosi, come quello del 1676 dove il comune di Timau rinnova i suoi statuti oppure quello relativo alla vicinia del 1669 dove il comune chiede a Venezia sgravi fiscali per far fronte ai danni subiti dalle inondazioni dei "rapacissimi torrenti". Questo scritto è il primo di una lunga serie che documenta la disastrosa situazione idrogeologica della zona che, in seguito all'alluvione del 1714, costrinse diciannove famiglie ad abbandonare le proprie case e a trasferirsi nei paesi limitrofi ed anche oltre confine. Nel 1719 "l'inondazione dell'acqua" inghiaiò i terreni e provocò lo sfondamento del muro del cimitero; negli ultimi decenni del 1500 fu invece la chiesa ad essere abbattuta dalle acque. Il 28 e 29 ottobre 1729 Timau venne sepolto da sassi e ghiaia, spinti a valle, dopo piogge torrenziali, dalle pendici del monte Lavareit, per la rottura dello sbarramento formatosi alla stretta del Masareit. I documenti dell'epoca informano che si salvò dalla distruzione solamente la "veneranda Chiesa del S.mo Crocifisso" e che gli abitanti iniziarono a costruire il villaggio in posizione più sicura ad un miglio dalle rovine del vecchio paese. Cent'anni dopo però i timavesi furono nuovamente alle prese con i danni causati dalle alluvioni, provocate questa volta dal rio Seleit, e con i lutti causati dai ripetuti distaccamenti di rocce dalle montagne sovrastanti. Nacque allora nel corso dei primi anni del Regno Lombardo-Veneto un grandioso piano per "salvare la vita agli abitanti": il trasferimento di Timau in località Aip, che però non venne mai attuato nonostante la realizzazione di un dettagliato progetto.

Nel 1797 cadde la Repubblica di Venezia e il trattato di Campoformido ne segnò definitivamente la fine ed il suo passaggio, Carnia compresa, all'Austria. Nel 1805 i francesi ripresero il Friuli ed anche da noi venne imposto il sistema fiscale amministrativo napoleonico che impose lo scioglimento di tutti i consorzi degli abitanti originari ed il "ben comune", che venne trasformato in proprietà comunale. Fu in questo periodo che, per Decreto Prefettizio, il comune di Timau venne aggregato a Paluzza. Dal 1815, dopo la caduta di Napoleone ed il Congresso di Vienna, sotto il diretto dominio austriaco, venne creato il Regno Lombardo Veneto, di cui faceva parte anche la Carnia che dal 1866, a conclusione della terza guerra d'indipendenza, entrò a far parte del Regno d'Italia. L'operazione della vendita dei beni comunali, che in Carnia da secoli erano proprietà collettive delle ville e, pertanto, fonte di sostentamento e di aiuto per le famiglie più povere, costringe molti carnici ad emigrare per trovare lavoro, necessario al sostentamento delle loro famiglie. Di solito il lavoro era stagionale ma dopo l'unificazione d'Italia divenne definitivo, considerate le mete di destinazione degli emigranti come Brasile, Australia, Argentina, gli Stati Uniti oppure l’Europa (Belgio, Lussemburgo, Francia, Austria, Germania) dove i carnici si sono recati fino agli anni Sessanta dello scorso secolo. Lo scoppio della Grande Guerra richiamò a casa gli emigranti sparsi in tutto il mondo. I carnici si trovarono a combattere per un regno che fino a cinquant'anni prima non esisteva, non era il loro. In quegli anni sui monti sovrastanti Timau si verificarono lunghi e sanguinosi scontri, durante i quali gli austro-ungarici cercarono di superare le linee di difesa italiane per scendere in Friuli. Nella zona circostante il passo di Monte Croce carnico le vittime furono migliaia, soprattutto fra i reparti alpini, composti in buona parte da carnici e carinziani. Molti di loro si videro costretti a combattere contro compagni di lavoro, parenti ed amici conosciuti nei cantieri carinziani. Negli anziani di Timau sono ancora vivi i drammatici ricordi della Seconda Guerra Mondiale, il sacrificio di tanti giovani nella campagna di Russia, la strage di Promosio, gli efferati eccidi compiuti nella valle del Bût ed in tutta la Carnia, l'occupazione cosacco-caucasica con la tragica ritirata sotto la neve attraverso Timau ed il Passo di Monte Croce Carnico.

Le disastrose condizioni economiche del Dopoguerra costrinsero i timavesi a riprendere la strada dei paesi europei nei quali già dopo la fine del primo conflitto mondiale erano dovuti ritornare per trovare lavoro. La costante mancanza di occupazione, la conseguente emigrazione e il disinteresse delle istituzioni competenti per lo sviluppo della montagna hanno portato allo spopolamento della nostra valle, all'abbandono della pastorizia, dell'agricoltura e dell'artigianato, riproponendo anche alla fine del secondo millennio un ritorno della forza lavoro in Austria proprio da dove quasi mille anni fa i nostri antenati erano partiti per trovare una vita migliore.