Freestyle
Il freestyle descritto dall'allenatore del campione timavese Giacomo Matiz
Lo sci acrobatico è considerato una delle evoluzioni dello sci alpino, ma nasce realmente dalla sperimentazione di alcuni intrepidi come lo svizzero Arthur Furrer che nel 1958 a Pontresina iniziò a mostrare ai propri allievi nuovi modi di interpretare lo sci. Scartato dalla selezione Svizzera per le Olimpiadi di Squaw-Valley a soli 22 anni perché ritenuto troppo anziano, decise di emigrare lo stesso in America. Senza nessuna conoscenza della lingua e con soli 35 Dollari in tasca, iniziò ad esibirsi con dei numeri da clown sugli sci. La sua bravura incuriosì fotografi e giornalisti fino a raggiungere la televisione. Paradossalmente tra gli atleti che per primi si avvicinarono alle sue intuizioni ci furono dei campioni olimpici di sci alpino Svizzeri, Norvegesi ed Austriaci (Roger Staub, Stein Erikson e Fuzzy Garhammer). Nel 1971 in Colorado ci fu la prima competizione di sci acrobatico. Nel 1973 la prima Europa Cup in Germania. Nella stagione 74/75 ci furono nel comprensorio delle Alpi ben 12 gare denominate “Camel Hot-Dog World Trophy-Serie” e al termine della stagione, a Cervinia, il Campionato del Mondo di sci acrobatico. Nel 1978 lo sci acrobatico viene riconosciuto ed integrato nella struttura della F.I.S. (Federazione Internazionale di Sci) e nel 1988, davanti a 160'000 spettatori, ma come disciplina dimostrativa, il Freestyle viene inserito nel programma Olimpico. Oggi grazie alla sua spettacolarità e continua evoluzione, sta riottenendo un crescendo di consensi e praticanti. Come spesso accade per la pratica sportiva che si desidera sperimentare, l’approccio avviene per soddisfare la nostra curiosità. Presentandoci ai bordi di una pista di gobbe durante una competizione, ciò che ci attrae è la musica diffusa “a tutto volume”. Il fascino di questa atmosfera, il pendio di gara visibile interamente (ca. 250 m x 20 m) e stranamente preparato, ci incuriosisce e ci sprona ad attendere i veri attori della scena. I quali non ci deludono anzi, dimostrano una padronanza assoluta del gesto tecnico malgrado la velocità e le insidie del terreno (il pendio pieno di gobbe sembra voler ostacolare la loro performance). E i salti? che spettacolo, non sembra possibile che dopo rotazioni e giravolte in ogni senso, questi atleti continuino a domare le ondulazioni della pista fino al traguardo. Tutto questo però non è dovuto all’improvvisazione, ma è il frutto di anni di lavoro.
Mike Leoni